Antoon van Dyck Ritratto del cardinale Guido Bentivoglio, 1623, Firenze, Galleria Palatina |
Il 7 settembre 1644 muore a Roma il cardinale Guido Bentivoglio. Un nome, un volto e una storia, che grazie al pennello di Antoon van Dyck che lo immortalò in un sensazionale ritratto, sono stati consegnati all'immortalità.
Il diplomatico Guido Bentivoglio
Bentivoglio nasce a Ferrara nel 1577, discendente della famiglia che nel Quattrocento governò la città di Bologna.
Dopo la formazione universitaria a Padova, fu avviato alla carriera ecclesiastica. All'interno della Curia romana fu apprezzato diplomatico ottenendo notevoli incarichi internazionali.
Il più importante fu certamente l'incarico di nunzio apostolico nelle Fiandre (1607-1615), insanguinate da una furiosa guerra religiosa e civile. Cruciale fu il suo ruolo per la pacificazione dell'area. Un impegno vanificato dalla storia. La guerra nelle Fiandre si concluse, infatti, dopo la morte di Bentivoglio, nel 1648. Dell'esperienza il futuro cardinale scrisse un resoconto nel suo Relazioni in tempo delle nunziature di Fiandra" (1629).
Fu anche nunzio a Parigi per 5 anni (1616-1621). Rientrato a Roma, fu nominato cardinale partecipando a due conclavi e al processo a Galileo.
Ritratto di van Dyck
Nel 1623 a Roma, dopo i lunghi anni all'estero, il cardinale fu ritratto da Antoon van Dyck (1599-1641), all'epoca giovane pittore fiammingo, già allievo di Rubens, che cercava in Italia un aggiornamento stilistico e una consacrazione artistica.
Il Bentivoglio è ritratto a figura intera seduto in vesti ecclesiastiche. Il rosso cardinalizio avvolge la sua figura. Un ritratto di raro lirismo, per la caratterizzazione psicologica del soggetto, di raro realismo e di raro virtuosismo coloristico.
Un eterno omaggio a un diplomatico che si spese per la pace in un Europa martoriata dalla guerra e un superbo saggio della qualità artistica di un artista unico come Antoon van Dyck.
Il ritratto nel 1653 fu donato dalla famiglia Bentivoglio al granduca di Toscana Ferdinando II de' Medici. Oggi è conservato alla Galleria Palatina di Firenze.
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