giovedì 17 novembre 2016

Il Pulcin della Minerva

La zanna sfregiata dell'elefantino
Lo sfregio alla zanna dell'elefantino del Bernini in Piazza della Minerva a Roma è solo l'ultimo esempio di una lunga serie di atti vandalici che hanno coinvolto il nostro patrimonio culturale. Ovviamente, si tratta di un episodio da condannare nel senso più assoluto. Chi non rispetta il patrimonio culturale, non rispetta né la sua storia né sé stesso. Nelle ultime ore è emersa, con forza, un' un inquentante pista investigativa che vede nel gesto non un atto di uno squilibrato, ma un atto criminale premeditato.

Certo, l'incuria e il degrado in cui versano le nostre città influiscono nella determinazione di tali episodi, ma alla base di tutto c'è la mancanza d'educazione e di un senso civico condiviso. Un compito arduo spetta, o spetterebbe, alle nostre istituzioni (e a tutti noi): preservare il passato per consegnarlo ai posteri. Strumento insostituibile per questo fine è la conoscenza. Nel nostro piccolo, in questo caso, proveremo a delineare i caratteri dell'opera in questione: Il Pulcin della Minerva.


La facciata di Santa Maria sopra Minerva

La Basilica di Santa Maria sopra Minerva

Ci troviamo nel centro di Roma nel quartiere Pigna a due passi dal Pantheon, in una delle zone più affascinanti della capitale: qui sorge la Basilica di Santa Maria sopra Minerva.
Santa Maria sopra Minerva è uno dei tanti gioielli storici-artistici in cui possiamo imbatterci a Roma. La storia della Basilica risale all'VIII secolo, quando fu fondato un'oratorio di devozione mariana, conosciuto come Minervum. Nel 1280 iniziò l'edificazione di nuova basilica domenicana, su modello della Basilica di Santa Maria Novella a Firenze. Nella basilica è sepolta la grande santa domenicana Santa Caterina da Siena, patrona d'Italia.

Santa Maria sopra Minerva si è arricchita nel corso dei secoli di opere d'indicibile bellezza e rilevanza storica. La Cappella Carafa (1488-1493), affrescata da Filippino Lippi, il Cristo Risorto di Michelangelo (15119-1520), le tombe dei papi medicei, nell'abside, Leone X e Clemente VII, la cappella Aldobrandini in cui sono sepolti in genitori del papa Clemente VIII (1592-1605), con sculture di Nicolas Cordier e con pala d'altare di Federico Barocci, e infine l'innovativo monumento a Suor Maria Raggi di Gian Lorenzo Bernini (1644-1647), solo per citare le opere più importanti. Uno scrigno di arte e storia.

L'elefantino sorregge l'obelisco

L'obelisco della Minerva


La storia dell'elefantino prese inizio nel 1665 quando in una tenuta del convento domenicano di Santa Maria sopra Minerva fu rinvenuto un piccolo obelisco di 5 metri e mezzo di altezza con iscrizioni egizie su tutti i lati. L'obelisco proveniva dal tempio di Iside al Campo Marzio, conosciuto anche come Iseo Camplense, santuario di età imperiale, consacrato alla dea Iside. Il tempio di Iside sorgeva a breve distanza dall'attuale Basilica domenicana. La produzione dell'obelisco è  egiziana. Faceva, infatti, parte del materiale egiziano che arrivò a Roma da Eliopoli (Egitto) nella prima età imperiale.  

Il Pulcin della Minerva

Intanto chiariamo il significato del nome. Come è risaputo che ai romani piaccia dare soprannomi a tutti e perfino alle statue. E il piccolo elefantino di Piazza della Minerva ai romani del tempo ricordava un piccolo maiale, il porcino, o come si diceva all'epoca il pulcino. Il monumento di Bernini, scolpito dal suo fido allievo Ercole Ferrata nel 1667, non era, tuttavia, il primo progetto preso in considerazione per la collocazione dell'obelisco.

Autoritratto di Gian Lorenzo Bernini (1630-1635)
Il papa regnante all'epoca, il senese Alessandro VII Chigi, aveva, infatti, ascoltato primo di Bernini la proposta del prete domenicano Domenico Paglia. Paglia propose per il base dell'obelisco l'esecuzione di un monumento celebrativo del papa, con un chiaro riferimento ai monti dello stemma Chigi, e del suo ordine attraverso la presenza di un cane. I domenicani, ricordiamo, sono chiamati anche Domini Canes, i cani del Signore. Il papa rifiutò il progetto giudicandolo troppo encomiastico. Interpellò, quindi, l'artista sommo del Secolo: Gian Lorenzo Bernini.

Xilografia Hypnerotomachia Poliphilii
Bernini elaborò un progetto che mirava, invece, a celebrare la Divina Saggezza. Il grande scultore fece questo attraverso un elefante. L'elefante, infatti, era simbolo di forza, capace di reggere una solida saggezza. Così recita, l'iscrizione del basamento, a chiarimento dell'intento concettuale dell'opera :"Sapientis Aegypti/ insculptas obelisco figuras/ ab elephanto/ belluarum fortissima/ gestari quisquis hic vides/ documentum intellige/ robustae mentis esse/ solidam sapientiam sustinere" (Chiunque qui vede i segni della Sapienza d'Egitto scolpiti sull'obelisco, sorretto dall'elefante, la più forte delle bestie, intenda questo come prova che è necessaria una mente robusta per sostenere una solida sapienza). L'ispirazione di Bernini derivò, probabilmente, dall' Hypnerotomachia Poliphilii (1499), romanzo di erudizione umanistica che prende molto dalla cultura sapienziale dei geroglifici.

La messa in opera del monumento non fu priva di imprevisti. I domenicani e Paglia, in particolare, mossero delle obiezioni statiche al progetto di Bernini che fu costretto a variarlo per venire incontro alle richieste dei religiosi. Ma il buon Bernini, genio permaloso e libero da imposizioni esterne, rispose, secondo la leggenda, ponendo le terga dell'animale di fronte all'entrata del convento domenicano, mentre la proboscide, in maniera irriverente, evidenziava l'esibizione della parte meno nobile del Pulcin. Chi la fa l'aspetti. Come speriamo che accada anche all'autore del recentissimo sfregio.
La soave visione che attendeva i domenicani all'uscita dal convento




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